Llorente: “Ero vuoto, volevo mollare…poi Conte…”

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Interessantissima intervista della Gazzetta dello Sport a Fernando Llorente che parla dei mesi difficili passati da oggetto misterioso del mercato fino a diventare un titolare.

Ecco i passaggi principali:

“Poi ho avuto la fortuna di cominciare a giocare quando finalmente stavo trovando la forma. Gli infortuni di Vucinic e Quagliarella mi hanno dato un’opportunità che ho cercato di sfruttare al meglio. Ho avuto a disposizione partite, minuti, e più giocavo meglio mi sentivo. Ho preso il ritmo”.

Passo indietro. Cosa succede in estate?
“Succede che ai normali problemi di ambientamento dovuti al cambio di Paese, compagni, squadra e città si aggiungono carichi di lavoro che in vita mia non avevo mai sperimentato. Sono arrivato bene in ritiro, mi sentivo forte però il mio corpo non era abituato a lavorare tanto e a un certo punto negli Stati Uniti mi sono sentito vuoto, totalmente scarico. E se il fisico non va, anche la testa inizia a faticare. E ho cominciato ad avere dei dubbi. Sulla scelta, su di me, su tutto”.

Però non è che nell’Athletic di Bielsa mancasse intensità. 
“Era diverso: Bielsa è ossessionato dal calcio e siamo arrivati ad avere doppie sessioni di allenamento da 3 ore l’una, però era un’intensità più mentale che fisica. Ci si concentrava a lungo su un singolo movimento, poi lunghe pause. Bielsa ti svuotava mentalmente, passavamo ore sul campo e restava poco tempo per distrarsi, staccare. Qui no, è tutto diretto, senza fermarsi mai. E il mio fisico non ce l’ha fatta”.

Com’è uscito dalla crisi?
“Col lavoro e la fiducia di tutto l’ambiente. Poi evidentemente anche il corpo ha fatto lo switch, il cambio necessario, potremmo dire che ha accettato il cambio radicale di abitudini e sono ripartito. Le partite hanno fatto il resto”.

Ha pensato di mollare, di andar via a gennaio?
“Dubbi si, e tanti. Anche perché la concorrenza è tremenda, siamo 5 attaccanti e non è facile trovare spazio. Non sono arrivato fino a quel punto, il mercato di gennaio è stato tirato in ballo dalla stampa, però sono stato male, sì. L’importante è stato non abbassare la testa e continuare a lottare, a lavorare duro. Il lavoro paga sempre”.

E Conte, cosa le diceva?
“Di aver pazienza. Che alla Juve avevano sofferto anche Platini e Zidane, che la Serie A è differente, che abituarsi costa tempo e fatica. Aspettava che succedesse esattamente ciò che è successo, prima nel male e ora nel bene. Mi è stato vicino”.

Ha dubitato anche lui di lei?
“Dovrebbe chiederlo a lui, non lo so. Può essere, perché c’è stato un momento in cui stavo davvero male. Non mi riconoscevo nemmeno io. Però intorno a me ho sempre sentito fiducia. E prima della sfida con il Real al Bernabeu ha spiegato molto bene le difficoltà fisiche e mentali che avevo vissuto l’anno scorso. Conosceva bene la mia situazione perché nei mesi scorsi ne avevamo parlato varie volte”.

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